Camminiamo Insieme – Dicembre 2020

di Dio Angiolino Bonetta
Avere fiducia, alimentare la Speranza, per sé e negli altri, in un tempo come il nostro, sofferente e buio, non è cosa facile. La pandemia ha toccato quelle corde interiori di molti che, forse con troppa spensieratezza, illudendosi
di essere salde, suonavano canzoni per una vita sostanzialmente allegra di
nulla, quanto arida di essenzialità. Il prolungarsi, poi, di questa prova pare come acqua fredda gettata su un flebile fuoco, che sembrava iniziasse a riscaldare e coccolare l’idea di una fine ormai vicina. E invece, l’ombra della Croce si allunga, e la sofferenza umana, economica, sociale, psicologica e spirituale prende sempre più piede. Non c’è solo un’emergenza sanitaria in atto, ma anche una spirituale.
Come le dieci Vergini della parabola Evangelica, ci siamo ritrovati a volte saggi e, altre, poveri di profezia e lungimiranza. A volte portiamo con noi l’olio della prudenza, della sapienza, che è quella forza dello Spirito che ci spinge a camminare sereni attraversando mille difficoltà; ad andare avanti oltre le umane forze, con la consapevolezza lieta di non essere soli nella notte. Altre volte, invece, ci ritroviamo privati di speranza, di gioia, di futuro. Ci sembra che la notte avanzi e le sue oscurità che perdurano, ci offuscano la certezza dell’alba, la fedeltà di una compagnia che rassicura. E così finiamo per addormentarci, soffrendo dentro una storia non ancora raccontata, sognando una vita diversa; immaginando di essere altro, fantasticando una realtà migliore. In tutto, in non pochi, prende piede il dubbio dell’assenza di Dio, e negli altri che, pur essendoci, non ascolti il grido della terra.
In tutto questo, mi ha giovato molto quanto, mesi fa, è accaduto. Il
riconoscimento delle virtù vissute in modo eroico del nostro caro Angiolino
Bonetta hanno suscitato in me, non solo commozione, ma anche uno stupore riconoscente. Uno sguardo nuovo sulla realtà che stiamo vivendo. Che la Chiesa riconosca la Fede, la Speranza e la Carità in un adolescente, malato di tumore, e che abbia attestato che si è consegnato al misterioso Disegno di Dio con prudenza, giustizia, temperanza e fortezza, in modo eroico, offre una medicina alla sofferenza dei nostri giorni.
Saperlo venerabile non dà solo grande gioia, ma interpella un rinnovato
senso del vivere e del Destino della mia vita, della nostra esistenza. Rileggere le sue parole; guardare il suo sguardo sereno, pur nell’atrocità dei dolori patiti, non ci invita forse a chiederci, dove lui abbia attinto il desiderio di una vita più grande? La sua Carità nel sostenere la fatica degli ammalati e dei propri familiari, ad accettare come strumento di salute la malattia, non può forse sollecitarci a temperare quei, piccoli o grandi, cedimenti alla tentazione della disperazione, o della rassegnazione, che segnano le nostre giornate? La sua disponibilità a rinunciare ai suoi desideri per permettere a Dio di porre nel suo cuore semi di speranza, germogli di giustizia, non può forse diventare cura dei nostri pensieri e atti d’intemperanza in quanto ci sta accadendo?
Sono alcune domande che, da quel felice giorno della notizia del riconoscimento della venerabilità di Angiolino, albergano dentro; e mi rendo conto che questo è già “un miracolo” che il nostro venerabile ci sta donando. È il miracolo della Fede dentro la notte delle paure; il miracolo della Speranza dentro le nebbie della sfiducia; è il miracolo della Carità dentro la tormenta dell’egoismo.
Sono convinto che nulla accada per caso. E che Angiolino sia stato dichiarato venerabile proprio agli albori di questa pandemia, è un segno che il cielo, probabilmente, ci sta offrendo per saper riassaporare il gusto della vera gioia.
Angiolino, nella fatica della malattia, trovava il tempo per pregare; per
scherzare; per rallegrare chi come lui viveva l’ora del dolore e della malattia. Angiolino, nell’agonia della morte, ha saputo alzare lo sguardo al cielo riconoscendo che è il cielo a sostenere la terra. Forse il venerabile Angiolino, a noi raminghi nella tristezza di questo tempo, sta tentando di dirci una cosa semplice: coraggio! L’ombra della Croce non si disperde nel vuoto, ma lambisce già il giardino della Resurrezione.
Padre Abramo Camisani
Parroco di Cigole