Uniti a Dio Ascoltiamo un Grido


Buongiorno a tutti e benvenuti alla nostra assemblea di inizio stagione, grazie di cuore a tutti i partecipanti, la vostra presenza fisica o digitale è la conferma che la nostra Associazione è viva e, nonostante il periodo pesante che stiamo vivendo, c’è la volontà di proseguire nel nostro cammino. 

Anche quest’anno partiamo da una citazione latina “hic manebimus optime” “qui staremo benissimo”. Questa frase è stata detta da un anonimo centurione romano in un momento disperato per Roma dopo che la città era stata distrutta dai Galli, si cercava di decidere se restare e ricostruire oppure andarsene e lasciar perdere e questa frase, colta per caso, fu ritenuta beneaugurante e così si decise di ripartire.  Facendo un parallelismo con i nostri giorni, anche noi ci troviamo in un periodo difficile e momenti di sconforto possono capitare, momenti in cui ti chiedi che senso abbia tutto quello che sta succedendo e si ha la tentazione di lasciarsi andare. 

Sorella Angela ci consiglia di prendere spunto dalle parole di Susan Jeffers nel suo libro “Embaracing uncertainy (Abbracciare l’incertezza), che ci possono aiutare ad orientarci e a trovare una linea da seguire.

“Quando ci siamo fermati tutti all’improvviso abbiamo sperato intensamente che il sacrificio comportasse un premio evolutivo: che fosse una sosta dolorosa che ci avrebbe permesso di ripartire migliori. Che aver intravisto una fine ci avrebbe consentito di riposizionare più in alto alcuni valori umani, che sapere che siamo tutti uguali nella cattiva sorte ci avrebbe ricordato la nostra fratellanza, che dipendere dalla cura degli altri ci avrebbe fatto rivalutare l’aspetto sociale e vulnerabile della nostra specie. Non so però se è davvero così… Ma così funzionano le transizioni nella misura in cui ci obbligano a ricominciare ad imparare, a guardare con nuova attenzione noi stessi e il modo per ridefinirci. E, al tempo stesso, sono anche opportunità uniche per ritrovarci. Eppure il sistema sembra prendere il sopravvento e ci ripropone vecchie foto di noi stessi, del nostro lavoro, dei nostri obiettivi, del nostro senso”.

Ho voluto riportare fedelmente parola per parola questi versi perché mi sembrano veramente illuminanti e che rappresentino bene il momento che stiamo vivendo, non so se il libro si riferisce al nostro periodo o ad altro, sicuramente danno l’idea della situazione presente.

Alcune parole appena citate mi fanno venire in mente il Papa quando dice che alla fine di questa pandemia non ne usciremo uguali. Cosa possiamo fare noi per uscire da questa incertezza?  Non ci sono ricette o libretti di istruzione.

C’è bisogno di pazienza, coraggio e determinazione. Dobbiamo imparare a stare nell’incertezza e nel disagio che ci provoca, ma dobbiamo anche essere consapevoli che il disagio è una condizione per l’apprendimento, ci fa capire che abbiamo bisogno di qualcosa di nuovo e ci dà le risorse per cercarlo.

Ma come possiamo stare nell’incertezza e nel disagio? Il nostro punto di riferimento sono Gesù e Maria nel momento più drammatico, dal vangelo secondo Giovanni (19.25-42):

Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa e Maria di Magdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco il tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: “Ecco tua madre!”. E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa.

Gesù, avvolto dalle tenebre della morte, ha dato la luce al mondo e sua madre, nella sofferenza più assoluta di vedere morire suo figlio, è rimasta ed ha ricevuto quella luce diventando madre di tutta l’umanità.

La nostra luce nelle tenebre è la parola del Signore e, ci consiglia Angela, partiamo dalla Lettera di Giacomo: “A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha le opere? Quella fede può forse salvarlo?”. Giacomo vuole dirci che il Vangelo va fatto, non solo ascoltato.  Il biblista Cristiano Mauri dice che il Vangelo si capisce e si vive con le mani, al discepolo non basta invocare il Vangelo, fare nel senso di costruire, realizzare ecc. Non vi nascondo che se, da un lato capisco queste parole, dall’altro mi sento un po’ a disagio nel senso che con le mani posso fare ben poco e credo che tanti malati fra voi capiscano quello che sto dicendo. Non per questo il malato è un discepolo a metà, al contrario anche noi, come ci ha insegnato Monsignore possiamo fare tanto aiutandoci vicendevolmente, certo abbiamo bisogno di aiuto: “l’ammalato per mezzo dell’ammalato con l’aiuto del fratello sano”. Ovviamente il mio pensiero non vuole essere un tirarsi indietro, anzi quando riesco a comprendere la volontà del Signore e a metterla in pratica mi sento bene e ringrazio per questa serenità che solo lo Spirito Santo può dare, si tratta di accettare i propri limiti senza pretendere di fare quello che il proprio fisico non può fare.  Sono sicuro che l’intenzione nella proposta della lettera di Giacomo è quella di spronarci, in un momento così buio come quello che stiamo vivendo, a non lasciarci andare ma a reagire. Ringrazio sorella Angela, raccolgo l’invito e lo giro a tutti voi, non disperiamo ma restiamo vivi, attiviamoci, ognuno con le sue possibilità, chi con le mani, chi con la mente, chi con il cuore, tutti con lo spirito, mettiamo a disposizione le nostre risorse per il bene nostro e dell’associazione.

Nel percorso della vita a volte le cose crollano e, di fronte alle macerie, si rimane senza parole o addirittura con rabbia prendendosela con Dio e dando a Lui la responsabilità e magari ci si fa schiacciare dallo sconforto e viene da chiedersi: “ma ne vale davvero la pena?”. Gesù non ci ha promesso una vita facile e comoda, anzi Lui per primo si è caricato le sofferenze del mondo, però quello che ci può dare Gesù è una cosa grande, la forza di accettare il dolore che si può incontrare durante il cammino, dobbiamo fidarci di Lui e, come Maria, rimanere sotto la Croce non in modo passivo ma collaborando, ognuno per quelle che sono le sue possibilità, per costruire insieme a Gesù il Regno di Dio.

Sorella Angela ci propone un’altra citazione di Nassim Taleb, filosofo libanese: antifragile. Il significato di questo termine è imparare a trarre vantaggio da condizioni di disordine, incertezza e caos. Fragile è ciò che risente degli stress e viene piegato dai colpi, robusto è ciò che resiste alle sollecitazioni ma che non si modifica di dronte ad esse, resiliente è ciò che affronta e supera i traumi adattandosi e modificandosi in modo flessibile. Antifragile è qualcosa di più, significa rispondere allo stress rimbalzando più avanti, sfruttare il colpo ricevuto per migliorare, cogliere il dolore come un’opportunità per crescere. Se ci pensiamo un attimo è quello che ci ha insegnato il nostro fondatore, noi siamo un’associazione di antifragili.

Come sarà il futuro del CVS? Il futuro è prendere decisioni ora e quindi riguarda il nostro presente, il futuro è agire con profezia. Il mondo religioso è pieno di profeti, Mons. Novarese è il nostro profeta che ha immaginato un apostolato guidato da persone fragili/antifragili.

Così parla il profeta Luigi Novarese: “Non sono soltanto parole, fratelli e figli carissimi, quelle che vi affermo; il nostro apostolato attesta che voi siete la realtà feconda del materno intervento della Madre della Chiesa. Le opere, infatti, che tutti assieme, dal lontano 17 maggio 1947 ad oggi, abbiamo realizzato dicono che l’immacolata ci ha benedetti e ci ha condotti attraverso gioie e sofferenze fino a quanto di positivo possiamo ammirare nell’ambito del nostro centro. Seguendo l’invito dell’immacolata tanti hanno trovato soluzione e risposta ai propri angosciosi perché, insieme all’inserimento personale nella dinamica azione apostolica. Oggi il centro comincia a vedere alcune realizzazioni del suo programma. Oggi siamo a svolte meravigliose di attività che devono portare le richieste dell’immacolata ad un vero e sentito programma interno integralmente vissuto, denso di attività spirituale, e ad un’azione esterna diretta a riunire tutti i sofferenti delle diverse nazioni nel medesimo piano di azione. Vorrei conoscere i nomi di tutti gli iscritti per pregare in questo momento per ciascuno in particolare. All’immacolato affido ciascuno di voi, Ella vi vede, vi è vicina e vi benedice”.          

Certamente questo virus che ci ha investito è una prova, una prova molto difficile per l’umanità e dalle prove non si esce come si è entrati, lasciano il segno, si può diventare peggiori o migliori. Preghiamo il Signore perché ci aiuti a comprendere che l’uomo è fragile e basta un niente per ribaltare le nostre sicurezze, che solo se viviamo alla presenza di Cristo acquistiamo valore ed importanza, perché da soli possiamo venire spazzati via da un momento all’altro. Chiediamo al Signore che questa prova sul nostro cammino ci faccia comprendere il valore dell’umiltà, la vera umiltà, quella che ci ha insegnato Gesù con la Sua Croce perché possiamo veramente uscirne migliori. Ovviamente non sarà uguale per tutti ma ognuno di noi ha l’opportunità di cogliere il bene nel male e farsi trasformare da questo bene. 

Quest’anno è il terzo di un programma triennale approvato nel 2017 ispirato all’Evangelii Gaudium e l’itinerario che abbiamo seguito ci fa giungere alla concretezza della fede, il titolo di quest’anno pastorale è infatti: “Uniti a Dio ascoltiamo un grido. La nostra azione sciale”. Sociale non è opposto a spirituale, sono due dimensioni che possono e devono coesistere nel nella vita cristiana, l’ispirazione spirituale è un dono di Dio, è la fonte della nostra forza a cui dobbiamo attingere per poi farla vivere nel sociale, nelle relazioni, nella comunità, solo uniti e insieme abbiamo un senso, ancor di più nel carattere associativo del nostro apostolato. Prendiamo ispirazione dal nostro fondatore sulla forza dell’azione sociale che è affidata ai Volontari della Sofferenza su criteri apostolici: “Tenendo ben presente il contesto sociale in cui si vive, l’azione apostolica di accostamento e di invito a scoprire in Gesù Cristo le possibilità da Lui dischiuse, è necessario avere ben chiari davanti a sé i lati positivi e negativi del momento in cui si vive, se si vuole compiere l’opera evangelizzatrice”. Sicuramente il mondo di oggi è completamente diverso da quello in cui visse Monsignore, tuttavia non è diverso “tutto un insieme di sofferenze che non trovano posto né giustificazione nel turbine della vita moderna, non sempre sufficientemente alla società e all’amore”. Soprattutto quello che non cambia è il dono di Cristo che “si è presentato all’Eterno Padre quale capo dell’umanità, soffrendo in sé tutto ciò che era umanamente possibile, donandoci inoltre la sua vita”, ci ha coinvolti nella sua missione, perché il dolore diventasse “un mezzo soprannaturale di ricostruzione morale e sociale”. E’ in questo senso che possiamo leggere l’affinità tra Monsignore e il suo mondo con Papa Francesco e il nostro mondo: uniti a Dio, ascoltiamo un grido. Il tema del nostro anno pastorale ci sprona ad essere attenti al presente portando avanti il nostro apostolato rivolto alla persona sofferente, senza sottovalutare i rischi a cui siamo esposti che ci obbligano al distanziamento e al timore di essere contagiati, abbiamo il dovere di essere prudenti per noi e per gli altri, ma allo stesso tempo cerchiamo di trovare altre vie apostoliche adatte al contesto in cui viviamo. Troviamo modi che ci consentano di non trattenere la vita, di non chiuderci in noi stessi, ma che ci permettano di donarci l’un l’altro, in questo modo possiamo davvero tenere fede all’invito del nostro anno pastorale cioè esprimere la nostra azione sociale “unendo la nostra passione all’atto più sociale che sia mai stato compiuto su questa terra: la passione di Cristo”. Se ci guardiamo nella situazione attuale ci sentiamo forse stanchi ma come dice Giacomo “un piccolo fuoco può incendiare una grande foresta (Gc 3,5). Ogni nostro cuore sia un fuoco. Piccolo è vero, ma che sia acceso, ardente.

Grazie a tutti e buon anno apostolico 

Luca Spagnoli

Presidente CVS Brescia